Tavoli

Anche quest’anno, affinché le lotte continuino ad intrecciarsi, pensiamo sia necessario confrontarsi e ragionare insieme sul diritto alla città attraverso due tavoli di discussione:

Lavoro&Ecologia
Spazi urbani

Lavoro & ecologia

Partecipano:
Simone Fana
Ecologia Politica – Torino
Rimaflow – Milano
Non Una Di Meno – Torino (Tavolo Lavoro)

Uno dei punti cardine del capitalismo avanzato è garantire la propria riproduzione a qualsiasi costo, nella pratica questo significa che l’estrazione di valore(/profitto?) può  avvenire, e di fatto avviene, a discapito di tutto il resto, compresi l’ambiente e le condizione di salute de* lavorator*. 
Il capitale costruisce il rapporto tra lavoro e ambiente nei termini di una dicotomia insolubile, in cui le due parti vengono presentate come mutualmente escludenti: bisogna scegliere, ci dice il discorso main-stream, tra il lavoro e l’ambiente, tra il lavoro e la salute (individuale, di specie e ambientale), tra arrivare a fine mese senza soldi o senza ossigeno.
 
Esistono purtroppo delle situazioni in cui questo ricatto del lavoro ad ogni costo funziona, negli ultimi anni però, grazie alle lotte dal basso, sta emergendo una prospettiva  contrariasono tanti infatti i movimenti sociali, sia che nascano da una spinta ecologista, sia che invece si muovano da rivendicazioni sul lavoro,  che ci ricordano che la fine del mondo e la fine del mese sono la stessa lotta.
Il lavoro è andato incontro negli ultimi decenni ad importanti modificazioni, per quanto riguarda sia le tipologie di lavoro sia le forme con cui è organizzato; parallelamente anche la composizione della classe lavoratrice è cambiata, facendosi molto più eterogenea e frazionata. La produzione di valore non avviene più solamente all’interno di luoghi di lavoro ben definiti, ma si è estesa ed intensificata, interessando in maniera globale l’intero tempo di vita e contestualmente raggiungendo livelli mai sperimentati di estrazione di risorse dai territori. 
Questi scenari, ormai non certo più inediti, rendono sfumata se non assente la divisione tra un soggetto lavoratore e un soggetto cittadino (nel senso più ampio di abitante di una data geografia) influenzando le forme con cui si esprimono le rivendicazioni e le lotte sociali. Dato che il lavoro, il tempo di vita e il territorio sono tutti “luoghi” da cui il capitale estrae valore, è importannte continuare ad interrogarci su come far intrecciare le forme di resistenza che si oppongono allo sfruttamento in ognuno questi campi.
Per elaborare delle strategie pratiche all’altezza di questa sfida, ci sembra fondamentale approfondire gli strumenti di teoria critica, ma anche interrogare le pratiche di lotta che già esistono, tenendo sempre a mente alcune domande chiave: Chi lavora oggi e come ci riconosciamo tra lavoratrici/ori? Come lavoriamo e, sorpattutto, cosa produciamo e per chi? Come il cambiamento della composizione della classe lavoratrice infuenza le lotte sul lavoro? E, in definitiva, come possiamo sottrarre la produzione di valore al comando capitalista, che distrugge tutto ciò che tocca, vivente e non vivente, per il proprio profitto, riportandola invece al servizio di lavoratrici e lavoratori, dei viventi non umani, dell’ambiente?
Spazi Urbani

Partecipano:
Marie Moise
Laboratorio di lotte alla gentrificazione – CSOA Forte Prenestino – Roma
Ecologia Politica – Torino
Comitato Essenon

Nel mondo occidentale le città sono i luoghi in cui vive la maggior parte della popolazione e, quindi, per il capitalismo avanzato non possono che essere luoghi in cui inserirsi con prepotenza per estarre valore. I nostri spostamenti, le nostre abitudini, le nostre ore libere dal lavoro sono continuamente reindirizzate verso quelle direzioni che il capitale individua e cambia a seconda delle opportunità di estrazione. Torino, che era la città dell’automobile e della fabbrica, una volta che la produzione è stata trasferita (nascosta) altrove, è stata reinventata come città universitaria e dei grandi eventi.

Le politiche neoliberiste hanno atomizzato i rapporti collettivi, creando città in cui chi le abita non ha più nè luoghi nè possibilità per esprimere i propri bisogni e immaginare scenari diversi; sembrerebbe che gli unici spazi di dibattito siano i gruppi facebook dove i discorsi sono appiattiti su posizioni individuali sui i parcheggi e la pista ciclabile,  o peggio sulle delazioni, video di persone ubriache e festeggianti in quartiere.
In che modo si è raggiunto ciò?
Andando a erodere tutto ciò che di pubblico potevamo trovare.
Gli spazi urbani sono sempre meno spazi pubblici, che siano questi giardini, bibioteche o centri d’incontro: eliminando lo spazio si elimina anche la possibilità di incontrarsi e confrontarsi, di prendersi cura del territorio collettivamente e di immaginare nuove possibilità. Anche i servizi pubblici scarseggiano sempre di più, venendo esternalizzati a società che non hanno nessun interesse per la cura delle persone, ma solo del profitto su di esse. 
Queste trasormazioni avvengono in modo subdolo, giocando con le emozioni delle persone: ne è un esempio la narrazione patriarcale del concetto di “sicurezza” e di “città sicura” costruita sopra e contro i corpi delle donne. Assistiamo ad amministrazioni che prima abbandonano all’incuria un parco o un’area pedonale per poi affermare che le persone hanno paura ad attraversare questi spazi. E’ presto fatto: un luogo che prima era pubblico viene svenduto ad un’azienda, che sia questa San Paolo, Esselunga o  varie.
Negli spazi urbani assistiamo però anche a continui tentativi di restituire alle persone quegli spazi, tempi e possibilità che vengono rapinate dal capitale: le occupazioni, i collettivi di lotta per il diritto all’abitare, i movimenti transfemministi… Come possiamo unire questi tentativi? Come si costruiscono spazi transfemministi? Che strategie possiamo mettere in pratica perchè le nostre vite all’interno della città non siano continuamente messe a valore? Come possiamo immaginarci di riprenderci gli spazi e i tempi della città?